Adele Tonini
Sono attiva,
molto attiva nel settore dell’assistenza alle donne immigrate. Nata in Abruzzo
da una milanese e da un bolognese,abito a Parma e ho una figlia di 28 anni Un
vizio dichiarato:ho fumato molto,purtroppo. E una dichiarazione d’orgoglio:oggi
ho smesso. Oggi in senso lato. Sarà un caso,ma ho riempito il vuoto
dell’astinenza con il pieno dell’impegno
politico.Un nuovo impegno politico. Non che prima non ci fosse, ma era come
annebbiato,come per molti altri. Mancanza di
eros :per molti militanti della sinistra sono stati anni di noia,di
abitudine,di rassegnazione. La militanza come mantenimento. Ma adesso si
avverte il cambiamento. Almeno,io lo sento; e non voglio stare alla finestra
a guardare e ad aspettare.
Partecipo da
sempre alla vita politica della città. Vengo dalla sinistra più o meno classica
dal tempo dell’università e ad oggi sono la responsabile delle politiche
interculturali della segreteria cittadina del PD.
Ho fondato,
insieme a tante altre donne, i consultori nella mia città e come ginecologa e
sessuologa vi ho lavorato fino al 1997 ,anno in cui mi è stata affidata la
responsabilità del “programma salute immigrati”di Parma che aveva la funzione
di coordinare le unità operative di assistenza agli stranieri dei diversi
distretti e di organizzare la formazione degli operatori sanitari su questo
tema.
Attualmente
coordino un progetto nazionale di assistenza ai rifugiati e alla presa in
carico delle vittime di tortura con particolare attenzione alle donne vittime
di abusi e torture sessuali.
Sono la
Presidente di un’associazione “le donne dell’oltretorrente”,che ha la finalità
di favorire la conoscenza e il coinvolgimento di tutte le donne,italiane e
straniere,di quel quartiere in un’ opera di riqualificazione sociale e
culturale.
Se queste esperienze
possono essere utili, sono pronta di nuovo a fare la mia parte.
Roberta Roberti
ho
47 anni, sono separata e ho un figlio di 12 anni.
Sono
nata e vissuta a Parma, dove ho frequentato il Liceo Classico e mi sono
laureata in Lettere con indirizzo storico-artistico.
Insegno
da vent’anni italiano e storia alle scuole superiori: amo moltissimo il mio
lavoro e ho cercato di coniugarlo negli anni con le mie passioni, la scrittura
e il teatro.
L’amore
per Parma e per le sue ricchezze storico-artistiche mi ha spinto a lavorare ad
alcune pubblicazioni di storia locale. Ne sono nati così alcuni volumi, la
“Guida alle origini dei cognomi parmigiani” e due guide per bambini e ragazzi
per conoscere e visitare Parma e la sua provincia.
La
passione e l’interesse per il teatro mi hanno accompagnata fin
dall’adolescenza e si sono tradotte in
una collaborazione continuativa negli anni con il Teatro delle Briciole, come
assistente alla regia e alla produzione e come ricercatrice in occasione
dell’allestimento di diversi spettacoli.
In particolare, ho sempre cercato di stimolare a favorire una stretta
collaborazione tra teatro e scuola, perché ritengo l’esperienza teatrale
fondamentale nei percorsi educativi e formativi di bambini e ragazzi.
Come
insegnante e genitore da circa 15 anni sono attivamente impegnata nell’attività
sindacale con la FLC CGIL e nei movimenti in difesa della scuola della
Costituzione. In particolare, sono stata
cofondatrice del coordinamento delle scuole di Parma La scuola siamo noi,
protagonista a livello locale, italiano ed europeo di tante campagne di
informazione, sensibilizzazione e protesta contro la dequalificazione,
l’impoverimento e i tagli alla scuola, all’università e alla ricerca, oltre che
contro il processo di privatizzazione della scuola pubblica.
Con
genitori, insegnanti e studenti di tante altre città italiane ho lavorato alla
stesura e alla presentazione in Parlamento della Legge di Iniziativa Popolare
“Per una Buona scuola per la Repubblica”, un’esperienza fondamentale, perché mi
ha insegnato a lavorare utilizzando gli strumenti della democrazia
partecipativa ed il metodo della condivisione. Far parte del gruppo promotore
della Legge mi ha permesso inoltre di allargare lo sguardo prendendo parte come ospite e relatrice a diversi Forum
Sociali Europei per il settore Educazione e a diversi convegni internazionali
sull’istruzione in Italia e all’estero (Spagna, Inghilterra, Olanda, Grecia) in
rappresentanza di movimenti nazionali in difesa della scuola pubblica.
A
partire dal 2006 mi sono dedicata alla costruzione di una rete dei movimenti
per i Beni Comuni. Questo impegno mi ha
condotto a partecipare consapevolmente alle manifestazioni dell’estate-autunno
2011 sotto i Portici del Grano a Parma e alle iniziative ad esse correlate, al
fine di dare un seguito all’analisi e alla protesta e costruire insieme ai
singoli cittadini, ai comitati, alle associazioni e ai movimenti che da anni
sono impegnati nella difesa dei diritti e dei beni comuni una proposta
alternativa per il governo della città.
Francesca
Bigliardi,
42 anni, nata a Parma, città in cui vive e
lavora, è da sempre attratta da chi sa fare partenze, con un’idea in mente o
tutto nelle mani.
Laureata in geologia, ha imparato che lo
studio della Terra ha confini al di là dei quali non ci è permesso entrare, ma
solo intuire e sentire, per poi farne una Storia.
Lavora nel campo dell’intercultura con
l’associazione Kwa Dunìa e della progettazione sociale con Forum Solidarietà,
studiando e inventandosi passi ma, soprattutto, accompagnandosi a persone da
cui sa di imparare. Appassionata ai temi dell’economia solidale e della
giustizia fra i popoli, cerca ogni mattina di trovare bellezza nei fatti del
mondo.
Emma e Giona sono i suoi figli, suoi
quotidiani maestri nell’esigere equità e, allo stesso tempo, uno sguardo sempre
diverso. Appunto.
Maria Zirilli
"sogno di un'ombra è l'uomo
" ( Pindaro ) ed io " do asilo dentro di me ad un nemico che temo
d'offendere, un cuore eccessivamente spontaneo che sente tutto ciò che sogno
come forma reale, che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio
pensiero canta, tristi canzoni,come le strade strette quando piove ( Ferdinando
Pessoa )
Nacqui
di lunedì, da genitori giovanissimi, in uno sperduto paese della Calabria. Mia
madre per poco non ne morì .Io già troppo ingombrante lei troppo minuta. Ci
salvammo entrambe. A tre anni la nascita di un maschio da subito esigente mi
espropriò per sempre della beata smemoratezza dell'infanzia. Fui precocemente
mandata a scuola per fargli spazio. Fu breve. La maestra diagnosticò la mia
immaturità e guadagnai un anno. Ma fu tutto. A quattro anni fui catturata.
Scolara al mattino ed apprendista sarta per il resto del tempo. La mente si
rifugiò altrove. Si impose una vita parallela. Fatta di sfrenati sogni ad occhi
aperti di piccole storie ora brevi ora lunghe folgoranti ed inattese. Plurale
contro Singolare. Antidoto e balsamo alla solitudine."fantasia al
potere" disse qualcuno molto più tardi. Fu l'inizio di un giorno nuovo. A
migliaia scendemmo in piazza da un capo all'altro del globo felici di uscire
allo scoperto di non essere soli di riconoscersi l'uno
nell'altro".Pazzi"disse qualcun altro .e fu il nostro premio. Trovai
allora conforto e balsamo nella vicinanza di tutti i "pazzi" del
piccolo mondo in cui vivo. dolorosi e allegri. belli e brutti. giovani e
vecchi in ciascuno di loro riconosco antichi amanti insieme ci facciamo
compagnia la società ci è ostile ,ardua,che importa.
"cosa è la vita?è una frenesia. Cosa
è la vita?una finzione,un'ombra , una illusione,e il grande è in realtà
piccolo, perchè tutta la vita è sogno, e i sogni sogni sono" (Calderon de
la Barca ) " indecisi ancora se rifugiarci di nuovo nella pazzia, dacchè
abbiamo scoperto,pensando di essere rinsaviti, di essere in realtà arrivati con
una fame da lupo ad un banchetto già bell'e sparecchiato !" ( da l'Enrico
IV di Pirandello )
Laura Caffagnini
Il
mio nome intero è Laura Maria Emma, per la svista di un ufficiale d’anagrafe
del Galles - la terra dove sono nata da
genitori italiani - che non mise le virgole dopo Laura. L’appennino parmense mi
ha cullata da bambina e da ragazza, e mi ha iniziata ad ascoltare e raccontare
storie. Accanto a mio padre ho cominciato a scriverle sul giornale - ero il suo
aiuto corrispondente – e ho proseguito come giornalista pubblicista e
professionista. A Bologna la laurea in Lettere moderne e una partenza
collettiva per il G8 di Genova, il mio reportage più sofferto. Mi affascinano
le migrazioni, le dinamiche sociali e interculturali, il dialogo tra chiese e
religioni. Grazie a un corso ho incontrato Le Giraffe e sono diventata membro
dell’associazione. Insieme raccontiamo storie dal basso, attraverso interviste,
documentari e fotografia. Cercando di coniugare impegno civile e bellezza.
Eugenia Tagliaferri
Tutto
è cominciato con la voglia di cambiare
il mondo e, a diciassette anni l’incontro con Basaglia e Mario Tommasini mi ha
portato ad occuparmi per anni del disagio mentale e di lavorare all’Ospedale
Psichiatrico di Colorno. Sono stati anni
intensi e di grossi cambiamenti sociali
e personali, il dialogo e lo scontro continuo con la città segnavano il
quotidiano; nel frattempo mi sono laureata e finita l’epopea “tommasiniana”,
sono stata trasferita dal manicomio all’
Assessorato Agricoltura e qui ho dovuto reinventarmi. E’stato veramente dura,
ma poi ho capito che era necessario guardare con occhi diversi il mondo
agricolo e che occorreva riannodare il
rapporto tra città e campagna per non perdere la memoria di un territorio e
immaginare un futuro civile per tutti noi.
Nel
mio modo di lavorare e di “stare al mondo” ho voluto, con successo e delusione,
portare la consapevolezza costruita attraverso le relazioni politiche, praticate in questi anni con le donne con cui ho aperto spazi in città per rendere visibile la soggettività femminile .
Per
cercare di farmi capire meglio , non si tratta di partecipazione, tanto evocata
nei dibattiti politici attuali, ma di
segnare con desideri responsabili la
creazione della polis.
Gabriella Manelli
Dovevo
chiamarmi Gabriele. Invece è andata così: la terza femmina. Mia madre non si
dava pace di non aver saputo dargli un maschio. Crescevo gracile e mingherlina.
La casa era piena di foto delle mie sorelle da piccole, belle grasse. Di me
foto non ce n’erano: era la guerra, era che le bambine dovevano essere paffute.
Vestiti
ereditati da mamma e sorelle. Ma questo era ed era stato un destino comune.
A
scuola cominciai subito ad annoiarmi: era già da due anni che sapevo scrivere:
con le mie sorelle si giocava sempre alla maestra. Mia madre poi maestra lo
era, montessoriana, piena di trucchi e magie per insegnare ai bambini. La
scuola, oltre ad essere noiosa, era il simbolo della privazione di libertà: i
compiti non sempre li facevo, perché avevo altro da fare: prima fabbricarmi i
miei giochi, poi le scorribande con le amiche. Ero brava lo stesso. Ma non
spavalda: se non avevo studiato, i sensi di colpa facevano novanta. La quinta
elementare non l’ho fatta, per via di una ghiandola. Ma l’esame di ammissione andò
bene. Poi, al ginnasio, lo studio non fu più tanto facoltativo.
Gli
avvenimenti successivi non meritano menzione, tranne uno. Al liceo uscivo di
nascosto col moroso. Scoperta, fui presa a sberle, che non usavano in famiglia.
Da allora mi chiusi nel mio studio. Non rivolgevo la parola a nessuno. Finché
mia madre venne e disse: “Credevo che andassero bene i metodi che ho usato con
le tue sorelle. Con te ho sbagliato, scusami”.
Mi
sposai poi perché il sesso senza matrimonio era inconcepibile. Già essere uscita
dalla casa paterna a 27 anni era fuori dal mondo.
Era
ancora in corso il mio infelice matrimonio che cominciai a riempire la casa di
donne e ragazze. Facevamo autocoscienza. Mio marito sbiellava dalla gelosia,
nonostante lui mi portasse in casa, e certo non la riempiva, i suoi amici di
Avanguardia Operaia. E menava.
Intanto,
vincitrice di un concorso a cattedre per nove posti a livello nazionale,
insegnavo latino e greco al Liceo Classico G.D. Romagnosi. Continuavo a fare
l’assistente di latino a Bologna. Arrivai vicino a laurearmi in economia.
Poi,
dopo la presa di coscienza degli anni ’70, mille iniziative teatrali e
giornalistiche per il femminismo, la mia vita trascorre nella scuola, sempre al
Liceo G. D. Romagnosi. Divento preside nel 1988. La scuola che da anni mi aveva
conquistato, più simile a quella di mia madre che alla mia: ragazzi che
imparavano facendo teatro, cinema, musica, laboratori di scrittura. La
creatività moltiplicava i loro talenti. Questa passione è rimasta accesa.
Ho
un compagno d’elezione da 27 anni. E una casa affacciata sul torrente,
veramente mia. Abitata da gatti, Calypso, Patroclo, Ulisse.
Continuo
a lottare con le donne, dentro e fuori dall’Anpi, e per una legalità diversa,
come Antigone.
Violetta Libassi
Sono nata e vivo
tuttora in campagna; il mio rapporto con la città è iniziato negli anni ottanta , quando
lavorando alla Coop di via Gramsci credo di aver espresso la parte migliore di
me, sia dal punto di vista lavorativo che sociale. Il contatto con i soci e i
clienti, dopo diversi anni passati in ufficio, mi hanno dato nuova energia e
voglia di interagire con la gente,
cercando di sviluppare interessi comuni. Ho promosso attività culturali di
gruppo organizzando visite guidate al patrimonio
Artistico di
Parma, a mostre e a musei in giro per il mondo. Sono stata coinvolta nelle
attività sociali della cooperativa e per diversi anni ho ricoperto il ruolo di
presidente del Distretto sociale di Parma, promuovendo diverse iniziative
rivolte ai cittadini, collaborando con gli enti pubblici, le scuole, le
associazioni di volontariato; questo mi ha permesso di conoscere meglio la
realtà locale e incontrare tante persone interessanti. Da alcuni anni faccio
parte del Consiglio d’Amministrazione di Coop Consumatori Nordest, un ruolo importante
e di grande responsabilità: sono stata eletta dai soci attivi della provincia
di Parma che cerco di rappresentare portando in azienda le loro voci .
Non viaggio più
come una volta perché devo occuparmi anche di una mamma molto anziana ed ormai
anche io non sono più tanto giovane: sono diventata nonna appena un mese fa.
Nel tempo libero,
che non è molto, mi piace camminare sulle mie colline, andare al cinema e a
teatro, leggere, ascoltare musica e stare in buona compagnia.
Matilde Marchesini
Sono nata a Milano, dunque, milanese! Come continuo a proclamarmi dopo tantissimi
anni a Parma. Sentirmi, immigrata, mi
aiuta a guardare con la giusta e ironica distanza alla mia quotidianità parmigiana, anche se è
un po’ snob. Ho due figli e una figlia a cui chiedo, ora, di scambiare i ruoli
e di proteggermi perché io possa agire una maternità “sociale”.
Sono la quinta e ultima figlia dopo quattro
maschi, delusi della contentezza dei miei genitori. Ho dovuto impegnarmi per scoprire e
apprezzare il fatto che ero una femminuccia come mi dicevano i fratelli con
aria di beffardo affetto. Sono stata
vittima delle loro esercitazioni: mi
avevano convinto a chiamare la mia bambola preferita :la dolce Euchessina che
suonava per me come duchessina.
E' anche per questo che sento di avere un grande
debito nei confronti del femminismo che mi ha svelata a me stessa e mi ha dato
chiavi interpretative sul legame tra il
mio interno, la mia identità pubblica.
La scuola, compreso il liceo sono stati un
percorso ad ostacoli, perché non trovavo
la sintesi tra la cultura che respiravo e la cultura ufficiale. Io mi sento nata nel 68, quando si è
ricomposta la fratture identitaria nella gioia di vivere e di pensare che si
poteva cambiare tutto il mondo interno ed esterno; il disagio del crescere si è
tramutato in emozione di capire la politica, il sociale dove le relazioni, sono
il fulcro, ma bisogna curarle.
La frattura con le madri, che poi abbiamo
lavorato per ricomporre anche a beneficio delle
figlie ; la libertà sessuale.. un
po’ di ingenuità. Nel 69 io e il mio
primo figlio siamo cresciuti avventurosamente insieme e ringrazio, ora, il suo
arrivo insieme alla saggezza della mia famiglia e del mio attuale
compagno. Il debito con mia madre: devi
studiare ed essere indipendente economicamente, è stato salvifico. Abbandonata
architettura, sono prima diventata assistente sociale e poi mi sono laureata in
sociologia. Studiare lavorando, essendo madre è stato faticoso ma ha
rappresentato, quasi, un percorso terapeutico. Si impara a fare un passo
indietro dall’azione aiutandosi con lo studio a riflettere sulle
situazioni/relazioni. Ho fatto vari lavori nel sociale.. Penso che la professione che si sceglie serva, anche,
per sanare delle parti interne. Ma di questo bisogna essere molto consapevoli.
Mi è molto piaciuto lavorare per la formazione
delle figure educative e di cura dove ho fatto esperienze che hanno significato
molto per la mia vita per esempio
l’incontro tra donne migranti e native. Essendo ognuno un po’ straniera a
se stessa, la relazione con le donne di altri paesi mi aiuta a definirmi a
riparare le mie presunte inadeguatezze.. E’ necessario, però, un “ambiente”
reciprocamente solidaristico, di responsabilità reciproca. Ho scelto nell’ultima fase di lavoro la Biblioteca,
un luogo meraviglioso! Imparando un
nuovo lavoro, mi sentivo una donna molto
potente quando sceglievo i libri per la sezione che curavo. Dal 2001 lavoro in una Associazione di
cooperazione internazionale decentrata, di cui ora sono presidente. I progetti in vari paesi dell’Africa sono piccoli
progetti in cui la comunità, ma soprattutto le donne, sono protagoniste. Il lavoro della cooperazione internazionale
rappresenta la sintesi del mio percorso, il filo rosso che ha unito le
passioni.
|
Ailem, isla.
Terraisla…
AIlem, suono.
Maresuono …
Partenza, MONDO …!
Isla sono,
Isla suono.
Ailem
Cristina Quintavalla
Da giovane ha
preso parte alla grande stagione delle lotte operaie e studentesche, a partire
dagli ultimi anni sessanta.
La sua formazione
è stata segnata dall'incontro con la Teologia
della liberazione ed il marxismo.
(Ha partecipato
come volontaria al processo di deistituzionalizzazione di giovani portatori di
handicap, ospitati presso l'Istituto Don Gnocchi. Con alcuni di essi ha
costituito una comunità, che ha realizzato nei primi anni settanta un Centro di
cultura popolare ed un Doposcuola popolare per i figli degli immigrati e delle
fasce di popolazione povera, che abitavano
nel Centro storico cittadino.)
Ha dato vita al Comitato di lotta per la casa, a cui
hanno aderito molte famiglie, che
vivevano in condizioni precarie e abrutenti, e
moltissime comunità di base, generalmente di formazione cattolica(, che
sull'onda dello spirito innovatore del Concilio Vaticano II, operavano
socialmente, nel segno di una maggiore aderenza allo spirito originario del
Cristianesimo. )
Nell'intento di
comprendere le ragioni che determinavano l'abbandono ed il degrado del Centro
storico e dei quartieri a più alta densità popolare da parte dei poteri
pubblici e l'aggravamento delle condizioni di vita di una parte significativa
della popolazione, il Comitato di lotta per la casa ha intrapreso lo studio
degli strumenti urbanistici e ad occuparsi
delle principali scelte urbanistiche compiute dalla Giunta comunale. La denuncia pubblica, attraverso
l'esposizione in P.le della Pace di una trentina di grandi lenzuola, su cui
erano riportati dati, foto, mappe e addebiti precisi, di quanto scoperto, si è
configurata come un grande terremoto politico ed economico, che ha portato all'apertura di un'inchiesta
giudiziaria, all'arresto di assessori, imprenditori, faccendieri, alla caduta
della giunta comunale, allo smascheramento di un'intera classe politica,
coinvolta nello scandalo edilizio, che è salito agli onori della cronaca
nazionale e internazionale
Nel 1980 è stata
eletta consigliere comunale, in una lista di coalizione, ed in Consiglio
comunale ha impedito l'approvazione della delibera, che avrebbe avviato la
costruzione di alcuni centri direzionali minori, spartiti tra i poteri forti della città, denunciando
le operazioni speculative che vi erano dietro.
Ha esercitato la
professione di docente di storia e filosofia, animata da grande passione per
gli studi filosofici e da impegno etico e civile nella formazione delle giovani
generazioni.
Ha partecipato
dalla scorsa estate alle lotte che hanno determinato la caduta della giunta
Vignali, e alla successiva costituzione del Laboratorio politico per l'alternativa. Attualmente fa parte della
Commissione di indagine contro il
debito pubblico, che ha l'obiettivo di individuare i responsabili della
grave situazione debitoria del Comune ed impedire che essa venga ripianata
attraverso inique politiche di tagli della spesa sociale e di aggravio della
leva fiscale.
Elisabetta Mora
Sono
nata (anno 1955), ho studiato e da sempre lavorato a Parma. Durante gli
studi - sono laureata in Pedagogia - ho
svolto attività di volontariato nei gruppi di base dei primi anni ’70
(“collettivo baganza”), nei comitati di quartiere della città, nei collettivi
femministi. Poi il lavoro nell’ambito del sociale (welfare) con anziani,
disabili, minori dentro alle istituzioni della città (Provincia, Azienda Usl,
Comune,….). Ho una militanza sindacale nella CGIL da più di trenta anni. Amo la
musica (canto in un coro femminile), gli animali e la montagna. Faccio parte di
una associazione culturale “Dalla parte del torto” costituita da amici e vecchi militanti che
hanno fondato un giornale – omonimo- che
tratta di problemi culturali, politici, economici e sociali locali e nazionali.
Carla
Mantelli
53 anni, insegnante, sposata e madre di tre figli, residente a
Parma. Laureata in lettere e diplomata in Scienze Religiose, è cresciuta
nell'associazionismo cattolico e negli anni 70 è stata responsabile diocesana
dei giovani di Azione Cattolica. In seguito è stata eletta presidente
provinciale del Centro Italiano femminile. Collaboratrice per diversi anni del
settimanale Vita Nuova. Dagli anni Novanta comincia a interessarsi attivamente
di politica dapprima iscrivendosi al Partito popolare Italiano e poi partecipando
a tutte le fasi successive che hanno portato alla nascita del Partito
democratico. Dal 2002 al 2011 è stata consigliera comunale impegnandosi nella opposizione alla
Giunte Ubaldi e Vignali. Non si è ricandidata nel 2012 ma continua la militanza
nel Partito democratico.
Le piace scrivere
e camminare. Si appassiona ai temi del femminismo.
Ebe Quintavalla
Assistente
sociale e laureata in Pedagogia , ha diretto per molti anni il Servizio politiche
familiari, per l’infanzia e l’ età
evolutiva della Regione Emilia Romagna ,
poi il Settore politiche sociali del Comune di Parma dedicando particolare attenzione alla
condizione femminile e alla differenza
di genere.
Da alcuni
anni collabora con diverse istituzioni locali, in
particolare con Il Comune di Ferrara
(Centro per le famiglie) e con la
Provincia di Reggio Emilia , per le quali ha curato progetti specifici
riguardanti le donne della migrazione e il lavoro di cura familiare svolto
dalle donne straniere
Asta Vinci
nata in Costa d'Avorio
(sono cittadina italiana da quasi un mese, ma non so se ho fatto un buon
affare!!!) - padre burkinabe / senegalese e madre ivoriana - vivo a Parma da un
pò più di 20 anni e ho un figlio di 18 anni - sono mediatrice culturale e
educatrice - faccio parte dell’associazione Milleunmondo e dell'associazione Ad
Ogni Luogo - collaboro anche con associazioni e varie realtà istituzionali del
territorio su temi legati all'immigrazione, alla convivenza multiculturale ecc.
Ennia
Bertozzi
Ho tre figli e due splendidi nipoti, Francesco e Beatrice.
Sono impegnata fin dagli anni 70 in diverse associazioni di
volontariato, per migliorare la nostra comunità.
Ho lavorato oer oltre 30 anni nel settore anziani, rivendicando la
cultura della domiciliarità e difendendo i diritti fondamentali dei cittadini
anziani e dei più deboli.
Sono stata protagonista nella realizzazione della Casa degli
anziani nel quariere Montanara.
Claudine Irahoza
Nata in Burundi
nella capitale di Bujumbura ,il 15 aprile 1974 in una famiglia di 5fratelli più
mia madre. Il Burundi si trova in centro africa è un piccolo paese di circa
6,8milione di abitanti ,di 27.835 di superficie. Sono in Italia da 1993 ho
fatto la scuola infermiera a parma mi sono diplomata nel 1997 lavoro in azienda
ospedaliera di parma con infermiera professionale in pediatria infantile. Sono
separata ho una figlia di 13 anni. Faccio parte di una associazione mwassi e
collaboro anche con HINA che è uno sportello per le donne straniere in
difficoltà a parma.
Rosanna Patrizi
‘Rosipace’, 59 anni, educatrice per
l’integrazione scolastica. Impegnata nel
sociale, nel mondo del volontariato e di educazione alla pace, segue
attivamente le iniziative legate alle problematiche del proprio quartiere.
Presidente dell’associazione “Coordinamento Pace e Solidarietà” che, affiliato al Centro immigrazione asilo e cooperazione, si occupa di rifugiati e richiedenti asilo e aderisce alla Consulta Laica di Parma.
Presidente dell’associazione “Coordinamento Pace e Solidarietà” che, affiliato al Centro immigrazione asilo e cooperazione, si occupa di rifugiati e richiedenti asilo e aderisce alla Consulta Laica di Parma.
Fa parte con altre associazioni della rete “Dormire Fuori” impegnata nella
sensibilizzazione sui temi del diritto
alla casa dei migranti e dei rifugiati. Ha seguito insieme ad altre
associazioni un progetto di accoglienza per donne rifugiate realizzando una casa di accoglienza per donne
provenienti da situazioni di guerra e violenza.
Ha aderito attivamente al Comitato
“Parma per Gaza”, costituitosi con associazioni, cittadini e forze politiche, a
sostegno del popolo palestinese, al tempo dell’operazione “Piombo fuso”. Inoltre ha partecipa attivamente ai comitati
cittadini contro la costruzione della metropolitana e dell’inceneritore. Negli ultimi mesi ha seguito particolarmente
il dibattito intorno alla difesa e alla tutela dei beni comuni per la costruzione
di una democrazia partecipativa dei cittadini.
Eugenia
Tagliaferri
Tutto
è cominciato con la voglia di cambiare
il mondo e, a diciassette anni l’incontro con Basaglia e Mario Tommasini mi ha
portato ad occuparmi per anni del disagio mentale e di lavorare all’Ospedale
Psichiatrico di Colorno. Sono stati anni
intensi e di grossi cambiamenti sociali
e personali, il dialogo e lo scontro continuo con la città segnavano il
quotidiano; nel frattempo mi sono laureata e finita l’epopea “tommasiniana”,
sono stata trasferita dal manicomio all’
Assessorato Agricoltura e qui ho dovuto reinventarmi. E’stato veramente dura,
ma poi ho capito che era necessario guardare con occhi diversi il mondo
agricolo e che occorreva riannodare il
rapporto tra città e campagna per non perdere la memoria di un territorio e
immaginare un futuro civile per tutti noi.
Nel
mio modo di lavorare e di “stare al mondo” ho voluto, con successo e delusione,
portare la consapevolezza costruita attraverso le relazioni politiche, praticate in questi anni con le donne con cui ho aperto spazi in città per rendere visibile la soggettività femminile .
Per
cercare di farmi capire meglio , non si tratta di partecipazione, tanto evocata
nei dibattiti politici attuali, ma di
segnare con desideri responsabili la
creazione della polis.
Margherita Asta
Vivo a Parma da due anni.
Mia madre non l’ho vista morta, la mafia me l’ha disintegrata. Dei miei fratelli mi sono rimaste le fotografie di carnevale, i quaderni di prima elementare e l’immagine ricorrente di una macchia di sangue sul muro bianco di una villetta, forse era Giuseppe.
Erano le 8 e 30 del 2 aprile 1985. L’auto azzurra di mia madre Barbara aveva appena superato l’hotel Tirreno sulla litoranea che da Pizzolungo porta a Trapani. Dai finestrini i miei fratelli Giuseppe e Salvatore guardavano il mare. Dietro di loro, all’improvviso l’auto del giudice Carlo Palermo, a Trapani da quaranta giorni. Dietro la curva, a ridosso di un muro, l’autobomba. Non uomini, né bestie ma mafiosi. Non esitarono un attimo e azionarono il telecomando che doveva uccidere Palermo e gli uomini della sua scorta. Non si fermarono davanti ad una madre con i suoi bambini. Loro saltarono per aria e salvarono quel “signore”, il giudice”.
Avevo
dieci anni e allora non avevo idea di che cosa significasse vivere in un Paese
dove la mafia comanda, decide, uccide . Col passare del tempo ho capito che:”il
dolore è un fatto personale ma la mafia no”.Ecco che allora la mia
tragedia si è trasformata in un momento
di riscatto. Ho fatto della mia storia testimonianza.
Da
anni faccio parte del dell’associazione
Libera nel Coordinamento Nazionale per il settore della memoria . Racconto la
mia vita di bambina a cui è stata rubata la vita di una madre e dei fratelli
perché anche la mia sofferenza divenga un contributo a costruire un mondo
migliore e la mafia un nemico da combattere da un esercito sempre più numeroso
Margherita Becchetti
Studio
storia per fuggire da un presente che sempre meno mi piace.
Studio
storia per capire la mia famiglia, mia madre, mia nonna e il loro mondo…
Studio
storia per imparare a leggere con altre lenti la complessità dell’esistente.
Studio
storia per volare di fantasia e immaginare i rumori, le voci, gli odori di
altre epoche… e ogni volta mi innamoro di un passato diverso.
Studio
storia perché del passato scelgo cosa studiare.
E
quasi sempre scelgo storie che parlano di riscatto, di minoranze coraggiose, di
libertà.
Forse
è questo il motivo per cui studio storia e, soprattutto, questo è ciò che cerco
di trasmettere ai ragazzi quando racconto loro che il mondo non è sempre stato
uguale a quello di oggi.
Studio
storia per trasmettere la fiducia che il cambiamento è parte della storia.
Anche di quella che ci tocca vivere, nostro malgrado.
Samuela Frigeri
Sono
nata a Fidenza nel 1967 in una famiglia di donne: mia mamma e le sue 4 sorelle,
la nonna, da cui ho imparato
l’importanza dell’autonomia, della responsabilità, della capacità di affrontare
le difficoltà anche con l’angoscia nel cuore ma anche la gioia di fare la pasta
in casa tutte insieme, magari la mattina della Vigilia di natale.
Ho
perso mio padre quando ero molto piccola (avevo 7 anni) e gli altri uomini
della mia famiglia, tra cui mio fratello a cui sono legatissima erano spesso
lontani fisicamente ma sempre l’oggetto della cura di tante donne.
Da
ragazzina ho dedicato grandi energie e grandi entusiasmi allo sport di squadra
(alla pallavolo) e poi dal 1993 al volontariato con i ragazzi del Montanara (il
Gruppo Scuola: Villa Ghidini prima e il centro giovani di via Raimondi poi) e
poi, dopo la laurea, ho incontrato altre donne: le mie amiche, la mia “maestra”
Pierangela Venturini e quindi e soprattutto le donne del Centro Antiviolenza e,
al contempo, mi sono avvicinata alla mia professione, avvocata, che mi ha
consentito di usare il mio lavoro per aiutare altre donne, per confrontarmi con
altre storie di donne che mi hanno aiutato nel mio percorso ma anche ad
arricchire il rapporto e la relazione con gli uomini della mia vita a cui si è
aggiunto mio marito Luca.
Vojsava Tahiraj
42 anni,
proveniente dall’Albania, in Italia da quasi 15 anni, cittadinanza Italiana,
sposata, mamma
di una bimba, professione: Mediatrice Linguistica Culturale, formazione: Laurea
in Giurisprudenza e Master in “Fenomeni di Immigrazione e Mediazione Culturale”
Pina Sammati
Dipendente
pubblica
Fabrizia Dalcò
Sono nata e vivo a Parma. Sono laureata in Lettere e Filosofia, ho
un dottorato di ricerca in Storia: le mie tesi hanno avuto per argomento la
storia delle donne. Dopo 15 anni di lavoro precario (che ha spaziato fra
collaborazioni con quotidiani e mensili – locali e nazionali – con l’Università
di Parma e di Bologna, con numerose case editrici e la Provincia di Parma) ho
superato un concorso per entrare, come lavoratrice stabile, all’Ufficio Pari
opportunità della Provincia di Parma. Da sempre m’interesso di storia delle
donne e mi occupo di politiche di genere e di progetti dedicati alle pari
opportunità fra donne e uomini.
Ho una figlia di 3 anni, Agata.
Susanna
Borghini
Mi chiamo
Susanna, ho 56 anni, sono separata e madre di una magnifica donna di 25 anni.
Da piu' di 35 anni il mio lavoro e' all'interno dell'Ente Pubblico (ASL)come fisioterapista nel settore della riabilitazione delle disabilita' infantili.
Il mio back-ground e' legato all'impegno in una parrocchia dell'Oltretorrente fino alla fine degli anni '70. In quel periodo ho ricusato la mia appartenenza al cattolicesimo come istituzione, e ho aderito a gruppi e movimenti prima femministi e poi di impegno sociale e politico che riguardavano la lotta contro ogni forma di discriminazione ed ingiustizia sociale,ogni tipo di guerra, ogni forma di razzismo.
Non ho mai militato, e credo non militero' mai,in nessun partito politico perche' credo all'adesione ai progetti di vita e quindi di lotta non ai riconoscimenti e inquadramenti "istituzionali".
Mi ritengo una "maratoneta del sogno".
Da piu' di 35 anni il mio lavoro e' all'interno dell'Ente Pubblico (ASL)come fisioterapista nel settore della riabilitazione delle disabilita' infantili.
Il mio back-ground e' legato all'impegno in una parrocchia dell'Oltretorrente fino alla fine degli anni '70. In quel periodo ho ricusato la mia appartenenza al cattolicesimo come istituzione, e ho aderito a gruppi e movimenti prima femministi e poi di impegno sociale e politico che riguardavano la lotta contro ogni forma di discriminazione ed ingiustizia sociale,ogni tipo di guerra, ogni forma di razzismo.
Non ho mai militato, e credo non militero' mai,in nessun partito politico perche' credo all'adesione ai progetti di vita e quindi di lotta non ai riconoscimenti e inquadramenti "istituzionali".
Mi ritengo una "maratoneta del sogno".
Vincenza Pellegrino
è
nata a parma da genitori pugliesi e ha sempre fatto su e già tra nord e sud di
italia. forse nasce proprio lì la sua passione per gli spostamenti, che ha
coltivato con la cooperazione internazionale in Africa e poi con la sua
attività di antropologa in Francia, Svizzera, Marocco.
da un pò di anni, dalla nascita delle bambine, vive e lavora nuovamente nella sua città, che ha imparato a conoscere e ad amare come neanche si aspettava - forse perchè invecchia, pensa lei - anche attraverso l'attivismo politico e l'esperienza da consigliera comunale.
oggi insegna politiche sociali e sociologia della salute all'università di parma.
da un pò di anni, dalla nascita delle bambine, vive e lavora nuovamente nella sua città, che ha imparato a conoscere e ad amare come neanche si aspettava - forse perchè invecchia, pensa lei - anche attraverso l'attivismo politico e l'esperienza da consigliera comunale.
oggi insegna politiche sociali e sociologia della salute all'università di parma.
Leyla Akgul
Sono nata a
Merdin, nel Kurdistan Turco. Sono nata
in un Paese che non c’è, ma pure esiste: il Kurdistan. Mèrdin da lontano sembra un castello, le sue case sono state
costruite sopra un monte, sono state costruite vicine, vicine, cosi vicine che
Mèrdin da lontano sembra n castello. Stanno cosi vicine le case che quasi non
respirano e le strade sono strette, strette, non possono automobili solo asini.
Io a Mèrdin ero bambina Dopo il colpo di
Stato del 12 settembre 1980, sono dovuta scappare con mia madre e i miei 5
fratelli. Mio padre era ricercato come attivista della libertà del popolo
Kurdo. Fino ai miei 9 anni con i miei
fratelli e mia madre ho vissuto nelle tende immigrando da un posto all’altro.
Eravamo piccoli e sfollati e ci spostavamo di continuo perché i soldati non venissero a portarci via.
Dopo l’amnistia
ci siamo potuti fermare. A casa mia si
parlava il Kurdo, una lingua proibita, una lingua,
quella che non si può parlare. E fuori si
parlava il turco, una lingua che non conoscevo e che non capivo.
Da sempre la
nostra famiglia è stata sotto pressione e sotto il controllo dei militari,
regolarmente venivano a perquisirci , a tutte le ore l’unica nostra colpa
essere Kurdi, Kurdi attivisti …
Da quando ho 14
anni ho fatto attività politica per i diritti di tutti e la libertà di un
popolo.
Ho lavorato nel
giornale del mio partito per molti anni, un giornale censurato più volte prima
a Ismir e poi a Istambul. 27 dei mie
colleghi sono stati ammazzati in circostanze ancora sconosciute e tre
scomparsi. Sono stata più volte
perseguitata e arrestata dalla polizia Turca, per il semplice fatto di essere
Kurda e di avere una propria posizione una propria idea, degli ideali.
Nel 2002, il
matrimonio di mia sorella, una bella festa, i nostri canti i nostri balli … poi
la notte siamo stati perquisiti dalla
polizia, così all’improvviso, con le loro armi puntate addosso,
a casa non potevo più stare
a casa sapevo che prima o poi sarebbero tornati a
prendermi
anche di notte
di notte dormivo e aspettavo
sapevo che potevano tornare a prendermi
a ogni rumore mi svegliavo
forse erano loro che tornavano a prendermi
Così ho deciso
che era il momento di partire, Ho scelto
l’Italia, conoscevo un giornalista dell’unità, sapevo un po’ la lingua, avevo
fatto un corso di Italiano.
Qui in Italia
lavoro come mediatrice, collaboro con il Ciak. Faccio teatro con Andreina e le
Vagamonde
Adesso ho un Kebab, è un lavoro che mi serve per
vivere, ma non è proprio quello che desidero,
a casa non potevo più stare …
Annavittoria Sarli
Mi chiamo Anni. Sono nata circa trenta anni fa: una
bambina fortunata e diversa. Abitavo in una grande casa di un piccolo paese.
Una casa diversa, perchè le maniglie delle porte non somigliavano a quelle
degli altri. Erano un po' piu' rotte, un po' piu' vecchie e fredde, ed avevano
una forma slanciata e strana.
Mia mamma e mio papà venivano da fuori e non
parlavano come gli altri abitanti del piccolo paese: avevano parole piu'
particolari, accenti piu' limpidi e Parlavano spesso di cose scherzose e calde.
Per il richiamo dell'affinità, crescendo incontravo
altre bambine,tutte diverse e fortunate. Insieme cercavamo animali feriti da
salvare, oppure studiavamo piani per liberare le papere della vicina, sempre
imprigionate nel pollaio. E poi c'era la mia cagnolina, universalmente stimata
per il carattere da gatto, schivo e pienamente libero.
Un giorno ho bucato con la testa il tetto di quella
dimora rosata. Il mondo intorno a me si è espanso, ma quella fragranza di
fortuna e diversità è rimasta ad aleggiarmi intorno.
Assopita nella classe di un liceo un po’ polveroso,
ho sentito la prof. Che parlava di immigrazione: di gente diversa e fortunata,
con accenti musicali e caldi, che aveva attraversato la soglia di casa ed ora passeggiava
qui intorno. Mi sono precipitata a studiare
antropologia.
Ho poi scelto la strada della ricerca, che è un
lavoro ma non solo. Sono quotidianamente guidata, a volte bene, a volte male,
dalLa voglia di buttarmi a pesce oltre i confini, dove l’identità vacilla e
si aprono scorci di quasi verità.
Katia
Torri
ho 39 anni e sono nata e cresciuta a parma, sono
fiera di essere la pronipote di eleuterio massari e della mia bisnonna Livia
(per me "Biba"),figure di una rilevanza morale ed umana così alta da
non poter non influenzare il mio percorso.
faccio politica da 18 anni ma
seriamente,quella militante,con e per le persone,gli esclusi dalla società del
dio denaro,dal 2000 con il comitato antirazzista-rete diritti in casa,da anni
ci battiamo concretamente per il diritto all'abitare e ora siamo riusciti a
creare una rete di mutuo aiuto che ha permesso a più di una famiglia di non
finire in strada.
sono laureata in giurisprudenza ma lavoro in
fabbrica e mi va bene così
Marinella Ciullo
Mi
chiamo Marinella, sono originaria di Lecce e sono arrivata a Parma qualche anno
fa per studiare ingegneria: fortunatamente sono rinsavita ed ho smesso! Ora sto
per laurearmi in scienze della comunicazione. Collaboro come redattrice per le
piattaforme di informazione globalproject ed unicommon. Inoltre sono attivista
a tempo pieno dei centri sociali Casa Cantoniera ed ArtLab.
Giovanna Bertani
Parlare
di sé è estremamente difficile: si rischia di abbellire o di denigrare i propri
tratti a seconda dello stato d’animo e dell’interlocutore, insomma temo che sia
presunzione. Per quanto mi riguarda coltivo
reticenza innata e difficoltà a dire di me, nonostante poi la
naturale disposizione a comprendere, nel senso etimologico della parola, mi
porti con facilità a comunicare con gli altri e a considerarli necessari al
pieno sviluppo del mio essere. La mia infanzia si è svolta fra due santi, San Giuseppe all’ombra della cui chiesa e nel
cui borgo sono nata e San Lazzaro che allora era campagna: due case quella dei
nonni materni e quella dei nonni paterni.
Esse hanno avuto grande influenza sulla mia formazione, l’una mi ha dato
la dimensione della vita comunitaria, sono figlia dell’Oltretorrente che ho vissuto direttamente e attraverso i
racconti di mia madre e degli innumerevoli zii e grazie all’altra ho molta
sensibilità per gli animali, la natura e la cura che essa comporta. Nel
quadrato di strade che s’incrociano via Bixio, il mio borgo, borgo Parente, via
Costituente, piazzale Rondani, borgo Santa Caterina si è svolta la mia
giovinezza, le scuole Corridoni, Parmigianino, Romagnosi mi hanno accolta e lì
ho scoperto e cresciuto l’amore per i libri e la cultura in generale. I miei
giochi si svolgevano in strada (allora si poteva!) e nei cortili inseguendo le
fantasie dedotte dalle letture: eravamo noi bambini talora pirati, un’altra gli
eroi dell’antica Grecia. Lo sguardo delle nonne sedute davanti a casa ci
seguiva … Altri tempi!
Ora facendo un po’ il punto posso
con piena consapevolezza affermare che sono stata soprattutto una figlia che ha
visto nei propri genitori i testimoni delle sue azioni e del suo modo di
affrontare il mondo: la passione per lo studio, i libri, l’arte e l’orientamento
a cercare giustizia, per quanto possibile nella condizione umana, l’interesse
politico hanno trovato in loro le radici che
si sono ramificate in quello che io tento di essere attualmente. Il mio
modello è Tello d’Atene che riuscì nell’immane impresa di tenere insieme le
smagliature, inevitabili, della vita e
che non perse mai di vista la sua comunità per cui fu capace di morire e, cosa
ancor più acerba, di uccidere in sua difesa. Complementari quindi sono state le
mie azioni a rendere concreta l’idea:
l’impegno nella famiglia e nella comunità. Sono un’insegnante che vede nei
propri alunni i compagni di ricerca esistenziale e di civile impegno sostenuti,
loro ed io, dalle parole dei grandi testi. Per questo spendo il mio tempo,
oltre a quello canonico del “lavoro”, in attività di laboratorio teatrale
pomeridiano ed ho accettato di fare da referente nella creazione del Teatro
della memoria dell’Anpi. Infatti credo
che solo l’arte, in tutte le sue espressioni, possa costituire l’humus su cui
può svilupparsi la memoria in una prospettiva che porti alla realizzazione in
concreto futuro degli ideali, dei pensieri che hanno mosso e sostenuto i nostri
nonni e genitori.
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