Corpi vivi accatastati in vie troppo strette, percorsi
tra mare e deserto, corpi senza riscatto, depredati dalla dignità.
Corpi senza vita dispersi in mare, corpi di donne, di
uomini, di bambini che non avranno mai una sepoltura.
Cosa direbbe Antigone ora? Cosa direbbe se potesse oggi
guardare tutti i diseredati dalla terra, tutti i dispersi senza nome? Antigone,
che nel suo gesto amoroso di cura, per dare sepoltura al corpo del fratello, si
ribella alla legge della città, si ribella all’editto di Creonte, che non
permetteva di dare sepoltura a chi non era stato dalla parte dei vincitori.
Antigone cerca giustizia, cerca libertà, cerca pace;
Antigone non ha paura, Antigone rivendica il diritto alla pietà, si oppone, si
indigna, cerca il rispetto delle regole ancestrali, condivise da tutti, ma non
attuate.
Le leggi della città e le leggi della vita si oppongono
irrimediabilmente; quando una comunità dimentica la sua appartenenza a un’unica
matrice umana, produce innominabili atrocità.
Antigone è la metafora dell’agire femminile, dove ogni
donna si può riconoscere, è la testimonianza del peso che la donna assume di
fronte alle alterazione della nostra società in epoca di decadenza, adesso come
allora.
Attraverso lo sguardo di Antigone abbiamo la
possibilità di confrontarci con i problemi della realtà, una modalità di azione
che parte dall’essere donna, e ci spinge a ripensare ad un’idea di cittadinanza
e di appartenenza ad una comunità; ci chiede di rispecchiarci nella diversità,
la differenza , di ritrovare il rispetto, la pietà e la giustizia.
“Nacqui a legami
d’amore, non di odio” Sofocle Antigone
Così noi interroghiamo
Antigone, chiediamo il suo aiuto per esplorare la città come spazio di
convivenza e di condivisione, spazio dove ci si identifica e si cercano
risposte, per riscoprire i valori fondanti della città. Un luogo di relazione
di scambi, capace di accogliere e di ospitare, un luogo privilegiato dove
promuovere inclusione e cambiamento, in
contrapposizione alle ingiustizie, ai respingimenti, alle prevaricazioni alle
negazioni delle libertà individuali, senza dimenticare il rapporto tra etica e
politica. La città è la casa della società, ne è in qualche modo lo specchio la
proiezione.
Vorremmo
restituire, rintracciare, riconoscere il significato di cittadinanza, vorremmo
trarre beneficio dalla stratificazione dalla mescolanza e dalla pluralità.
Incrociare gli sguardi con le parole, ricostruire legami, ascoltare nuove voci,
colorare la città e farla rinascere.
Cerchiamo un nuovo modo
di vivere e condividere lo spazio, chiediamo la possibilità di mescolare idee,
pensieri, storie, emozioni. Chiediamo di essere libere di condividere quello
che di umano ci appartiene.
D’una città non
godi delle sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua
domanda. Italo Calvino Le città
invisibili
Riflettendo intorno a questi temi è stata stilata una lista di domande che sono state rivolte, in questi mesi, a circa quaranta donne della nostra città, donne impegnate, che hanno lasciato una traccia nella città, donne che non fuggono alla responsabilità del presente, attente alla nostra contemporaneità, Antigoni del nostro tempo. Trovando nelle loro risposte forme tangibili di convivenza e di vera cittadinanza.
Riflettendo intorno a questi temi è stata stilata una lista di domande che sono state rivolte, in questi mesi, a circa quaranta donne della nostra città, donne impegnate, che hanno lasciato una traccia nella città, donne che non fuggono alla responsabilità del presente, attente alla nostra contemporaneità, Antigoni del nostro tempo. Trovando nelle loro risposte forme tangibili di convivenza e di vera cittadinanza.
Le loro parole diventeranno drammaturgia e testo dello spettacolo.